SUPERMAN CONTRO SUPERJOB

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“Da piccolo mi è sempre piaciuto Superman. Dei suoi superpoteri ho sempre preferito la velocità, superiore a quella della luce, e la capacità di vedere ai raggi X.

Chissà se questo mio eroe dell’infanzia mi abbia condizionato nella scelta del mio lavoro, quello di tecnico di radiologia. A pensarci bene potrebbe anche essere, visto che con l’aiuto della tecnologia avevo la possibilità di guardare dentro il corpo dei pazienti per scoprire malattie invisibili all’occhio umano.

Non mi parve vero ricevere la lettera della ASL con la quale venivo assunto all’ospedale: finalmente potevo sposarmi.

Ero uno dei pochi tecnici di radiologia dell’ospedale e subito divenni un punto di riferimento per i medici e i colleghi. Quasi subito iniziarono gli straordinari, dapprima ogni tanto, poi ad ogni turno. Il lavoro mi piaceva, soprattutto quando mi chiamavano per le urgenze: mi sentivo indispensabile e per questo non mi pesò affatto quando mi chiesero la reperibilità, inizialmente solo di giorno poi anche di notte.

Esami, TAC, corri di qua, vai di là…un lavoro senza fine. Ma io non mi lamentavo, anche perché con la bimba che nel frattempo era nata non potevo permettermi di creare problemi all’azienda.

L’ultimo anno sono arrivato a fare oltre 100 esami in un giorno: più veloce della luce, come Superman.

L’ultimo periodo non riuscivo più a dormire e allo stesso tempo non riuscivo neanche a staccarmi dal lavoro, che negli anni era diventato un mostro che si mangiava tutto.

Solo Superman avrebbe potuto continuare a fare quel superlavoro.

Ma Superman non esiste. Avrei voluto dirglielo a Pino.”

Supermedico

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