La vicenda della vergognosa truffa Volkswagen di questi giorni non mi ha lasciato indifferente: barare sulla salute delle persone per trarne profitto è un atto contro l’umanità e come tale và denunciato.
Mi ha ricordato la dolorosa vicenda all’acciaieria Thyssenkrupp di Torino in cui morirono 7 operai nel dicembre 2007: l’azienda era a conoscenza del rischio elevato cui stava esponendo i lavoratori della linea 5, ma decise ugualmente di non intervenire per eliminare o ridurre il rischio perchè avrebbe dovuto spendere parecchi soldi.
Omicidio volontario, dissero i giudici di primo grado, non semplicemente colposo, come per tutte le morti bianche fino a quel giorno.
Le emissioni dannose rilasciate dai motori diesel truccati Volkswagen si sono disperse nell’aria e molto probabilmente non hanno procurato danni a nessuno, verrebbe da pensare.
Proprio qui sta il nodo del problema: decidere che si può trasgredire una regola che tutela un interesse collettivo perché è difficile dimostrare il nesso tra quella trasgressione e un danno personale realmente provabile.
E’ una lotta atavica quella tra regole collettive e interessi privati, ma nella storia si sta timidamente aprendo una terza via, oggi sentiero in salita, domani sicuramente autostrada: è la via costruita sulla sintesi possibile tra le due dimensioni, collettiva e privata, lungo la quale entrambe si sviluppano e progrediscono.
Non saranno tanto le soluzioni trovate a promuovere una nuova cultura delle regole, quanto lo sforzo per cercarle.
Lungo la vecchia strada il profitto ne ha approfittato, ma il non-profit ha scoperto il trucco.
La storia avanza, attenti alla ruggine.